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Purifichiamo il tempio

Dopo aver pianto su Gerusalemme, Gesù entra nel Tempio e insegna, suscitando grande attenzione.

All’inizio del Vangelo di Luca, nella sezione dell’infanzia, Maria e Giuseppe avevano ritrovato, dopo tre giorni di ricerche, Gesù nel Tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti erano pieni di stupore.
Ora, al termine della sua parabola terrena, egli ritorna nel luogo sacro, e il suo insegnamento continua a generare curiosità.

La cacciata dei venditori dal Tempio è da sempre interpretata a vari livelli:

– Secondo una lettura letterale, descrive il fatto storico, realmente accaduto, e mostra un aspetto del carattere di Gesù, la “fortezza”, sovente nascosta sotto l’aurea di buonismo con cui lo dipingiamo. Una fortezza che dovremmo recuperare anche noi, spesso stanchi, assopiti o pavidi dinnanzi alla necessità di testimoniare e vivere i valori e le convinzioni della nostra fede.

– Secondo un’interpretazione simbolico-spirituale, il “tempio” può essere inteso come immagine di diverse realtà sacre a Dio e da noi deturpate.

L’azione di Gesù potrebbe essere colta, in tal senso, come messa in guardia rivolta alla Chiesa e a quanti in essa volgono a proprio profitto attività pastorali, liturgiche e assistenziali.

La cacciata dal tempio andrebbe anche interpretata come appello per ciascun credente a scacciare pensieri e proponimenti perversi.
Questo tempio di Dio, la nostra anima, col peccare lo abbiamo riempito di pensieri che vendono e comprano, e di altri ragionamenti che considerano tutto in funzione del denaro… Orbene, a quelli che peccano e si sono riempiti di pensieri ‘ladri’ Gesù dice ciò che è scritto: La mia casa sarà chiamata casa di orazione, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri” (Origene).

Ognuno è responsabile del tempio di Dio che è la propria vita e la propria famiglia, per questo deve imparare a scacciare i pensieri che saccheggiano la grazia, i comportamenti che derubano gli affetti, le scelte che impoveriscono la pace, le avidità che lasciano moribondi.

Don Michele Fontana