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“Altra vita” o “Vita altra”?

Questa domenica il Vangelo (Lc 20,27-38) ci introduce nel tempio di Gerusalemme per assistere a una disputa tra Gesù e alcuni sadducei.
Il gruppo religioso dei sadducei propugnavano una fede tradizionalista basata sui primi cinque libri della Sacra Scrittura (la Torah) all’interno dei quali, secondo un’interpretazione letterale, non trovavano riferimenti alla risurrezione che, pertanto, negavano.
Dall’altra parte i farisei, che riconoscevano anche gli altri libri della Sacra Scrittura, trovavano in quest’ultimi (come ad esempio nel brano della Prima Lettura di oggi: 2 Mac 7,1-2.9-14) richiami espliciti alla risurrezione, che tuttavia intendevano come semplice rianimazione del cadavere che sarebbe ritornato alla vita terrena.
I sadducei per far valere la loro tesi, e quindi mettere a tacere anche Gesù, propongono un quesito che richiama la legge del levirato secondo la quale quando una donna rimaneva vedova senza aver avuto figli, doveva essere sposata da un cognato per consentirgli la discendenza.
Nella disputa con Gesù essi portano all’estreme conseguenze questa norma narrando di una donna sposata sette volte con sette fratelli. Alla risurrezione di chi sarebbe stata moglie?
Nel rispondere, Gesù invita a non pensare la risurrezione come una “altra vita” (una seconda opportunità su questa terra), ma come una “vita altra“: non si tratta di riprendere il corpo e gli impegni di prima, ma di nascere a una vera e propria vita nuova, totalmente differente da quella attuale.
Nella vita terrena siamo vincolati al tempo e al corpo; legami che nella “vita altra” non ci saranno più.
Saremo sciolti dal tempo, per cui non ci sarà più la morte.
Saremo sciolti dal corpo, per cui non ci saranno più dolori, sofferenze, bisogni e necessità; nemmeno quello di prendere moglie.
Per spiegare tutto ciò Gesù paragona l’esistenza futura a quella degli angeli.
L’insegnamento di oggi, allora, invita a rinnovare lo sguardo sulla nostra “vita altra” e  pensare diversamente anche il rapporto con i defunti  che, proprio perché  come angeli, slegati dal tempo e dallo spazio, possono essere vicini a Dio e a noi (molto più di come potevano farlo nell’esistenza terrena), vedere e prevedere ogni nostro pericolo e difficoltà e intercedere presso l’Altissimo.

Don Michele Fontana