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Vegliare e operare

Con oggi inizia il periodo di Avvento che, passando per quattro domeniche, ci porterà alla celebrazione del santo Natale, preparando i cuori e le menti ad accogliere Gesù.

Come piccole fiaccole poste per illuminare questo percorso, ogni domenica la Liturgia ci offrirà parole chiave, gemme di sapienza che dovremo essere in grado di riconoscere nell’ampio forziere della Parola di Dio, per farci illuminare il sentiero quotidiano.

Il Vangelo odierno regala  come hashtag il verbo #vegliare, che nel brano ricorre ben quattro volte in quattro versetti.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!“.

Senza alcuna ombra di dubbio, quindi, la prima domenica d’Avvento invita a vegliare. Ma come?

Nel commento al Vangelo di ieri abbiamo detto che “vegliare” è sinonimo di “vagliare”: verificare, discernere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, il vero dal falso.

Il brano di oggi, nella brevissima parabola dei servi lasciati ad accudire la casa, aggiunge che “vegliare” è anche sinonimo di “operare”, fare “ciascuno il suo compito“.

Vegliare comporta capire e fare ciò cui siamo chiamati dal nostro ruolo sociale, dal nostro compito familiare, dal nostro ministero ecclesiale, dal nostro carisma personale.

Vegliare comprende non voler fare ciò che tocca ad altri, e non demandare  ad altri ciò che tocca a noi.

Vegliare significa, infine, fare attenzione perché i nostri compiti, le attività, il lavoro, non siano inquinati da pensieri cattivi, gesti erronei, scelte sbagliate, opere condite di peccato.

Don Michele Fontana