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Punizione o responsabilità?

Un giorno riferirono a Gesù di alcuni Galilei fatti assassinare da Pilato mentre offrivano sacrifici a Dio. Secondo il pensiero dell’epoca, quando avveniva una disgrazia, sia dovuta agli uomini, sia per cause naturali, si trattava certamente di una punizione divina.

Un modo di decifrare la storia a noi ancora molto usuale. Spesso, infatti, siamo portati a domandarci “Che male ho fatto? “, o “Che male ha fatto?”, difronte a sofferenze per noi ingiuste. Allo stesso modo, ci chiediamo come mai il Signore non interviene quando vediamo empi a nostro avviso impuniti.

Gesù si inserisce nel dibattito citando, oltre all’episodio in questione, un altro fatto di cronaca: il crollo di una torre che provocò la morte di diciotto persone.

In entrambi i casi la sua riflessione è : “Credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

La causa dei mali che ci piombano addosso, non è da attribuirsi a Dio; e la loro soluzione non sta nel “placare” la sua ira perché presumibilmente offeso o irritato (come per Giove).

L’approccio corretto indicato da Gesù sta nella “conversione”.
Questa parola traduce il termine greco “metá-noia”, che significa “cambiamento di mentalità”.

Gesù, in pratica dice: Quando succede qualcosa (sia causato dagli uomini, come la strage di Pilato; sia per cause naturali, come la torre di Siloe), invece che prendervela con Dio, iniziate a cambiare mentalità, a cambiare modo di pensare.

Non diamo la colpa al Signore per le stragi nelle strade; i decessi da Coronavirus; i morti a causa di fame, guerre e violenze; le malattie e le sofferenze.
Piuttosto chiediamoci:
Cosa devo cambiare nel mio modo di pensare la vita, e quindi di viverla?
A cosa mi sta chiamando il Signore attraverso questa situazione?
Cosa posso fare perché non accada, o per aiutare una volta accaduta?

Don Michele Fontana