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Liberi o prigionieri?

San Paolo distingue in ogni uomo una parte legata alla carne, intesa non come corporeità ma come fragilità del peccato, è una parte spirituale, frutto della grazia divina.

Dinanzi alla Legge di Dio, ai suoi Comandamenti, la carne spinge a non fare quanto richiesto, o a fare quanto non richiesto, cosicché si rischia di rimanere schiavi dei propri peccati, che S. Paolo nella Lettura di oggi elenca in: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizia, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidia, ubriachezza, orge, e cose del genere.

Seppur si volesse compiere il bene, che porta alla gioia, mancherebbe la forza, e ci si troverebbe a fare quello che non si vuole. Viene impedito l’esercizio della vera libertà, quella di amare.

Quante volte ci siamo trovati in questa situazione, prigionieri di uno o più peccati sopra elencati?
Quante volte ci sentiamo impotenti difronte alle nostre fragilità che, come fardelli di ferro non riescono a resistere alla forza di attrazione delle calamite giganti che sono le tentazioni?

In questa battaglia può aiutare solo la grazia divina, la presenza in noi dello Spirito Santo, i cui frutti indicati dall’Apostolo sono: amore, gioia, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé.

Sono gli atteggiamenti di chi è liberato dalle paure e dall’egoismo, e perciò in grado di amare gratuitamente.

La meditazione oggi termina qui, per continuare nell’esame di coscienza personale di ciascuno!

Don Michele Fontana