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Le nostre tentazioni

Dopo il Battesimo al Giordano, Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto.

Lì, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ha fame.
Il tentatore gli si avvicina dicendogli: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane“.
Gesù supera la prova citando la parola di Dio: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio“.

Allora il diavolo lo porta sul punto più alto del tempio di Gerusalemme e lo invita a gettarsi giù, tanto il Signore “ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani“.
Anche in questo caso Gesù risponde menzionando la Scrittura: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”.

Infine è portato su un monte altissimo e gli viene offerto il dominio di tutti i regni se si prostra in adorazione del diavolo.
Ancora una volta risponde richiamando la Bibbia: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto“.

Queste tre non sono le uniche tentazioni subite da Gesù in tutta la vita, e nemmeno nei quaranta giorni del deserto, tuttavia Matteo le propone perché coglie in esse la sintesi di ogni prova e il compendio di ogni tentazione che può soffiare anche sulla nostra vita.
Seguendo questa chiave di lettura potremmo cogliere diverse interpretazioni teologiche al testo evangelico.
In questa sede ne offro una, a mio avviso significativa: riflettendo sulle tre tentazioni ci si accorge che, in fondo, esse riguardano in modo particolare il rapporto con Dio.

Nella prima tentazione, in cui Gesù è invitato a risolvere una necessità reale, come la fame, attraverso la “magia” (trasformare le pietre in pane), gli si chiede di vedere Dio come bacchetta magica nelle difficoltà.

Nella seconda tentazione, in cui è mosso a compiere un gesto imprudente (gettarsi dal punto alto del tempio), gli si chiede di vedere Dio come sostegno nell’imprudenza.

Nella terza tentazione, in cui è invitato ad adorare il diavolo per avere il possesso dei regni, gli si chiede di vedere Dio come benedizione negli idoli.

Così intesa, la tentazione si presenta anche per noi come invito a una relazione errata con il Signore, al quale chiediamo:

– di essere “bacchetta magica nelle nostre difficoltà“.
Quando abbiamo un problema e vogliamo che lui lo risolva magicamente, dimenticandoci che siamo noi a doverlo superare affrontandolo secondo la sua parola.

– di essere “sostegno nei nostri errori“.
Quando facciamo scelte non sagge, ci comportiamo in modo imprudente, roviniamo le relazioni con azioni sbagliate, e pretendiamo che il Signore venga a soccorrerci; addirittura lo bestemmiamo se ciò non avviene.

– di essere “benedizione nei nostri idoli“.
Quando diamo al denaro, alla carriera, alla popolarità precedenza sulla nostra vita (annullando la spiritualità), sulla nostra famiglia (perdendo ogni rapporto), sulle nostre amicizie (rinnegandole e tradendole) pretendendo però che il Signore le benedica.

Don Michele Fontana