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La cecità e l’enigma della storia

La Liturgia della Parola di questa domenica narra la guarigione di un cieco di nome Bartimeo.
Nel Vangelo di Marco, da cui il brano è tratto, è il secondo racconto di una guarigione dalla cecità operata da Gesù. Quella precedente era avvenuta in Betsaida.

Tra questi due prodigi sono incastonati tre annunci dell’imminente passione, morte e risurrezione fatti da Gesù lungo il cammino verso Gerusalemme.
Discorsi che i discepoli non riuscivano proprio a comprendere: mentre il Maestro annunciava la sua morte, essi sognavano la gloria; mentre parlava di sofferenza, facevano a gara chi fosse il più grande; mentre invitava al servizio, pretendevano di occupare i primi posti nel futuro regno.

Il fatto che i racconti delle due guarigioni facciano da cornice (inclusione letteraria) ai tre  annunci, così incomprensibili ai discepoli, ha il preciso intento di caricarli di una dimensione simbolica.
In pratica, Marco non si limita a riportare le guarigioni, ma s’interroga su cosa significhi vedere o essere ciechi, comprendere o non comprendere.

Sembra voler dire che solo guarendo dalla “cecità” spirituale e purificando lo sguardo, si può decifrare il senso degli eventi che accadono.
Comprendere la storia è possibile solo con la “vista” donata da Dio, altrimenti tutto risulta enigmatico.

Chiediamo al Signore il dono di questa vista e la guarigione dalle nostre cecità.

Don Michele Fontana