Mentre Gesù parla alla folla, un uomo prende la parola per chiedere un suo intervento:
“Dì a mio fratello che divida con me l’eredità“.
Il Vangelo di questa domenica ci catapulta in una causa familiare antica come il mondo: la lite per l’eredità.
La spartizione dell’eredità è, infatti, da sempre motivo di divisioni e dissapori. Anche nelle migliori famiglie.
Chi non ha assistito, direttamente o indirettamente, a guerre fraticide scoppiate spesso già prima che il defunto fosse inumato?
È proprio vero, i genitori faticano una vita con il desiderio di lasciare qualcosa che unifichi i figli e dia loro stabilità, ma spesso finiscono involontariamente con lasciare in eredità motivi di liti e divisioni; credono di consegnare del bene e invece tramandano frutti avvelenati.
Gesù rifiuta di essere chiamato in causa per faide familiari, ma lascia un insegnamento valido per tutti:
“Tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che possiede“.
Il valore della vita non dipende da quello che si possiede.
Punto.
La nostra società porta spesso a credere che l’importanza di una persona sia proporzionata a quello che “ha“; altre volte ci convince che il suo valore dipenda da quello che “fa” (e così bisogna mostrare una vita brillante, indaffarata); molte volte impone il pensiero che la sua dignità dipenda da quello che “è” (cioè dal suo stato sociale, dai sui ruoli, dagli incarichi che gli sono affidati).
Il Vangelo invece ci ricorda che il valore di ogni persona dipende da quello che “dà“.
O meglio, dall’amore che dà!
Don Michele Fontana
