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Il setaccio dell’ira

Nella prima lettura di questa domenica, ultima prima della Quaresima, la liturgia offre un bouquet di analogie dal sapore sapienziale tratte dal Libro del Siracide, che vale la pena meditare:

Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;
così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti.
I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,
così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.
Il frutto dimostra come è coltivato l’albero,
così la parola rivela i pensieri del cuore.
Non lodare nessuno prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini”.

Nonostante la loro varietà, si può cogliere come filo conduttore di questi detti il principio secondo cui l’uomo si riconosce da come parla, perché il modo di parlare “è la prova degli uomini” e “la parola rivela i pensieri del cuore“.

Non nego che a stimolare la curiosità, tanto da proporre questo brano per ispirare la nostra riflessione domenicale, è stata la prima similitudine:

Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;
così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti
“.

È un detto dal profumo antico, intriso del sudore dei nostri avi.
L’immagine, infatti, richiama le coltivazioni del grano e degli altri cereali. Prima dell’avvento della meccanizzazione, la separazione del chicco di grano dalla buccia (o pula) avveniva attraverso un lento e faticoso processo. I contadini lanciavano il grano in aria e lasciavano che il soffio del vento spazzasse via le bucce sottili. Quindi si riversava il rimanente su un setaccio per separare i semi (commestibili, e quindi buoni per la farina) dalla pula.

Nel richiamare quest’immagine, il brano liturgico propone una verità molto semplice: quando discutiamo con qualcuno emergono i nostri difetti, pensieri cattivi, atteggiamenti bruschi, lati non buoni del carattere. Facciamoci caso: facilmente i nostri discorsi, anche su questioni banali, non ammettono il contraddittorio, e quando qualcuno pensa diversamente ci lasciamo andare in un crescendo di  voce alterata, insulti, imprecazioni, gesti brutti.
È proprio vero, nei moti d’ira il cuore è come il grano lanciato in aria:  ciò che rimane sul setaccio delle parole e dei gesti è solo la cattiveria.

Può aiutarci a prevenire parole e gesti inconsulti la preghiera, per mezzo della quale il vento forte dello Spirito rimuove la “pula” e lascia cadere sul crivello solo “grano buono”.

Don Michele Fontana